Come valutare la propria reputazione professionale nel mondo del lavoro   

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Uno dei primi nodi da sciogliere, quando si prova a cambiare lavoro, è l’aspettativa rispetto alla nuova retribuzione. La domanda che tutti si fanno è più o meno questa: quanto devo chiedere? Quanto mi serve per conservare il mio stile di vita? Insomma si parte dalla fine,dal compenso, e non si ragiona invece sulla carriera e sul percorso complessivo.  In questo articolo vedremo come valutare il proprio valore sul mercato del lavoro, e come a partire da questa valutazione si possono negoziare meglio le offerte di lavoro e pianificare il percorso di crescita.

L’importanza dell’autovalutazione nel settore tech e engineering  

Iniziamo dicendo che valutare le proprie competenze non è qualcosa che si fa solo quando si cercano nuove opportunità. Anzi l’autovalutazione dovrebbe essere una routine di tutte le aziende che offrono percorsi di crescita alle persone che ne fanno parte. Messa in quest’ottica allora è evidente che essere consapevoli delle nostre competenze è una buona pratica da tenere sempre a mente. Ci serve non solo a capire se stiamo svolgendo un lavoro adatto a noi, in linea con la nostra formazione e la nostra esperienza, ma anche a valutare se stiamo mettendo in campo il nostro potenziale, o se invece stiamo perdendo delle opportunità perché magari abbiamo skill che non vengono utilizzate.


Un esempio banale può essere uno sviluppatore full stack dedicato però solo a sviluppi front end. I motivi per cui ci si trovi in una situazione del genere possono essere tanti e tutti legittimi, come un cambio di strategia dell’azienda, la chiusura di una parte delle sue attività, o anche il bisogno urgente di trovare lavoro e così via.

Innanzitutto questa persona sta lavorando solo su una parte delle proprie competenze, per cui al di là della frustrazione e della potenziale perdita di interesse, rischia anche di perdere terreno e quindi competitività rispetto alle skill che sta trascurando. Le conoscenze che non vengono allenate infatti col tempo si indeboliscono.

Non solo, ma in un caso del genere ci sarebbe anche una perdita economica, visto che secondo le stime di Glassdoor, un web developer guadagna in media 27mila euro l’anno contro i 38mila di uno sviluppatore full stack.

Ci sono online diversi siti che permettono di testare le proprie competenze, ma forse quello più adatto ad un professionista è Leetcode, che offre un’ampia gamma di “problemi”, sì come quelli che si facevano a scuola, ma in ambito tech. La scelta è così vasta da poter scoraggiare, si può iniziare quindi ordinando i test per gradimento degli utenti (like) e svolgere così i primi 100. Questo è già un buon punto di partenza per capire lo stato delle proprie competenze, e da qui pianificare le prossime mosse, sia in termini di carriera ma anche e soprattutto di formazione e upskill.

La domanda di competenze specifiche e il loro impatto sul valore di mercato

La maggior parte di lavoratori dipendenti affronta la carriera come una sequenza di step successivi, passando da un lavoro all’altro man mano che emergono le opportunità. Un altro approccio è invece decidere a monte qual è il nostro obiettivo e iniziare a dedicare il nostro tempo alla formazione necessaria a raggiungerlo.
Questo approccio è particolarmente importante nel tech, dove esistono una miriade di aree “verticali”, cioè con forte specializzazione che non sono molto intercambiabili tra loro.
La prima scelta da fare è quindi capire quali sono i nostri obiettivi. Vogliamo solo specializzarci nel settore più remunerativo, o abbiamo qualcosa che ci piace particolarmente fare? Sono due approcci assolutamente legittimi, ma che richiederanno scelte diverse.

Se prendiamo ad esempio il settore delle AI, un comparto per il quale si stima tasso annuo di crescita composto (CAGR) pari al 38% da qui al 2030, un Artificial Intelligence Specialist può guadagnare in media 41mila euro l’anno.


Le competenze richieste ovviamente sono diverse e fortemente specifiche per questo settore. Si va dai linguaggi di programmazione (es. R, Java e Python), ai tool di profilazione (Perl, Perforce), software di analisi (Torch, PyTorch), passando per le  librerie di deep learning e infine le piattaforme cloud (es. Microsoft Azure o Google Cloud).

Più in generale, secondo il report Technology Salaries and Hiring Trends di Robert Half, esistono delle competenze specifiche per le quali i datori di lavoro sono disposti a pagare di più. Nell’ordine:

·  cybersecurity;

·  cloud;

·  AI e machine learning;

·  sviluppo software;

· data science e management database;

Specializzarsi in uno di questi campi offre un vantaggio competitivo significativo, visto che secondo lo stesso report il 90% dei datori di lavoro denuncia ancora forti difficoltà nel reperire i talenti necessari. Laddove si trovi una risorsa valida, gli stessi manager indicano quattro leve principali per vincere la competizione:

  • salario d’ingresso più alto;
  • lavoro flessibile;
  • bonus alla firma del contratto;
  • benefit aziendali;

Strategie per negoziare il proprio valore sul mercato del lavoro

Da tutto questo deriva quindi che il primo passo per una negoziazione efficace è essere fortemente specializzati nel proprio campo. A differenza di altri settori, il tech non è un ambito nel quale si possono millantare competenze o definire genericamente le proprie soft skill.Se quindi si ha esperienza in strumenti specifici vale assolutamente la pena menzionarli, ovviamente col dettaglio degli anni di esperienza. Anche un elenco dei progetti gestiti o ai quali si ha preso parte darà più concretezza alla presentazione, oltre a fornire anche un contesto molto utile per l’interlocutore. Le sfide di un addetto alla cybersecurity in un’azienda che tratta dati sensibili, ad esempio, saranno sicuramente diverse da quelle necessarie a gestire un sito che si limita ai dati personali.

Le esperienze e le skill ovviamente vanno integrate con tutte le tappe della formazione, come anche degli eventi ai quali si è partecipato, ad esempio hackathon, conferenze ecc. Questo darà un quadro d’insieme sulle competenze ma anche sull’attitudine con la quale ci approcciamo al lavoro. Un candidato che si mette alla prova metterà sicuramente in una disposizione negoziale più aperta la controparte.

Infine non bisogna escludere l’uso di strumenti nuovi, che possono aiutarci sia a fare il punto delle nostre competenze, sia a presentarle al meglio ai datori di lavoro.
Attraverso la piattaforma MatchGuru infatti è possibile creare un proprio profilo, composto dalle risposte a un questionario, dalle interviste con un team di esperti dedicato e da un video di presentazione. Il profilo tiene inoltre conto di soft skill e attitudine personale, così da fornire alle aziende che cercano talenti un vero e proprio punteggio di compatibilità.



In questo modo candidato e impresa entreranno in contatto sapendo che la trattativa parte già da un interesse comune molto forte.
Del resto, la comprensione dei bisogni e dei vantaggi reciproci è la base più solida per costruire un rapporto di lavoro duraturo e soddisfacente per tutte le parti in gioco.